Mi sveglio
Mi sveglio,
appoggio le gialle piante dei piedi
su cocci di bocci rotti,
di vetri infranti, taglienti.
Diffondono e spargono
una qualche paura elettrica
su ferite sottili di pelli
già esangui.
Mi volto dunque
e ansimo per il letto scomparso,
per la livida debolezza
di quell’unico equilibrio
precario.
Mio Dio, come ho freddo
alle dita.
Gelidi ragni fremono e solcano
in centri concentrici l’aria
alla ricerca di un appiglio
possibile.
Guardami da lontano
anzi non più…scusa…scusa.
Ho foglie di fico
nelle mani raggrinzite
e livide ossa sporgenti
nelle braccia
legni nelle gambe
e ginocchia di ulivi saraceni
e buche rovinose tra le tibie
piedi riccioluti di vite
divelta sul campo nero di corvi.
Ho paura,
rifuggo i fetidi escrementi
della vita.
Non è rimasto che questo
di quello squallido amplesso.
Eppure io sono…
sì, io sono coi capelli
stoppie bruciate sulle tempie,
io sono con quel sibilo elettrico in gola,
io sono, flebile urlo nel vento
dai globi albuginei.
Non mi folgorerà
l’occhio congesto di Giove
né mi inghiottiranno
le fauci della zolla.
Rimarrò qui
angelo maledetto
diavolo graziato
naufrago
su questa crosta polverosa
a ricordare
e ricordare col mio fiato,
finché avrò fiato,
ciò che è stato.
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